Assistente sociale
Dall'inizio dell'emergenza Covid-19, gli assistenti sociali hanno cominciato a riflettere su come agire in una situazione così drammatica e senza precedenti, ponendosi interrogativi relativi al loro ruolo e alle responsabilità. Il Consiglio Nazionale dell'Ordine degli assistenti sociali ha emesso una serie di avvisi, in particolare l'avviso n. 1454 del 16 marzo 2020, con cui vengono emessi una serie di comunicati stampa per aiutare gli assistenti sociali a diffondere informazioni essenziali in modo da poter determinare il loro ruolo e i compiti che spettavano loro (CNOAS Informazioni su COVID- 19 Comunicato stampa). In particolare, il CNOAS ha espresso la propria responsabilità nel garantire servizi inderogabili, soprattutto nella gestione delle emergenze; ha fornito quindi indicazioni su interviste faccia a faccia, visite a domicilio e riunioni e si è infine soffermato sulle campagne di sostegno e informazione a favore dei senzatetto.
Nella prima parte del comunicato si fa riferimento molto efficacemente al "doppio ruolo" in cui ogni assistente sociale riversa in questo periodo così delicato. L'Assistente Sociale si trova ad essere "contemporaneamente potenziale vittima e soccorritore". La circolare ha innanzitutto chiarito che i servizi sociali professionali rientrano tra i servizi di base non differibili che devono essere garantiti. A questo proposito, infatti, il presidente Gazzi ha sottolineato che gli assistenti sociali devono sollecitare e promuovere protocolli specifici all'interno delle proprie organizzazioni per garantire la continuità e la sicurezza del processo di aiuto e segnalare ai propri responsabili i rischi specifici e i rischi affrontati dalle persone; le emergenze devono essere monitorate. Più in dettaglio, la circolare del 16 marzo 2020 precisa che è necessario, eventualmente attraverso la valutazione d'équipe, distinguere tra situazioni di "non emergenza", per le quali si può presumere di rimandare gli interventi ad un momento successivo all'emergenza e le situazioni che devono essere eseguite con primaria importanza attraverso operazioni a distanza, come telefonate e videochiamate e soprattutto situazioni urgenti che devono essere di affrontate tempestivamente, verso cui non si può non agire.
Riguardo a colloqui e visite domiciliari la circolare chiarisce che in sede di intervento non è necessario effettuare interviste faccia a faccia e visite domiciliari se non è possibile garantire la distanza minima di sicurezza e le norme di sicurezza a tutela della persona previste dalla normativa vigente. In questi casi gli assistenti sociali devono "presentare una relazione scritta alla propria organizzazione e al responsabile della sicurezza, prevenzione e protezione (RSPP), sottolineando i fattori di rischio per la propria salute e per chi si trova in situazione di bisogno o di rischio".
Per quanto riguarda le riunioni la circolare prevede che, secondo il Decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, devono svolgersi interamente in modalità digitale o a distanza e, qualora ciò non sia possibile, è necessario utilizzare "ampi spazi ventilati che garantiscano la distanza personale e indossare adeguati dispositivi di sicurezza".
Tra gli ambiti su cui soffermarsi particolarmente sono inclusi l'ambito delle persone senzatetto e degli emarginati; nei confronti di queste persone l'assistente sociale ha il compito di sostenerli e curarli, mettendo in atto iniziative che devono avere il fine di migliorare la loro situazione.
Per quanto riguarda la lotta al contagio, nella circolare Gazzi, ricollegandosi alle istruzioni dettate dal Servizio Sociale tenta di combattere la diffusione della malattia tra le persone e di sostenere chi ne venisse colpito. Come ultimo obiettivo, ma non meno importante nella circolare gli assistenti sociali vengono esortati nell'organizzare di un piano di lavoro successivo alla pandemia capace di portare delle soluzioni positive e agevoli e in questo caso le responsabilità di questa categorie di operatori sociosanitari aumentano sempre di più.
Inoltre, andando ad analizzare il ruolo degli assistenti sociali all'interno dell'Ospedale possiamo vedere che, insieme a medici ed infermieri, hanno aiutato i malati nelle ore più difficili della pandemia cercando di far mantenere a loro i legami con i parenti in quanto sostenevano che la cura non si esaurisse solo con la terapia, ma bisognava pensare agli effetti sociali dell'emergenza prima che fosse troppo tardi.
In quel periodo il loro modo di lavorare è radicalmente cambiato, ceravano di essere una spalla, anche virtuale, su cui poggiarsi e cercavano di dare conforto attraverso un telefono.
Le migliaia di assistenti sociali che lavoravano negli ospedali d'Italia rientravano nella squadra degli operatori invisibili che assistevano i pazienti ricoverati per Coronavirus. In particolare, curavano le relazioni sociali di chi stava male. Lo facevano già prima dell'emergenza e hanno continuato a farlo anche durante, ma in modo diverso. Partivano aiutando i più anziani, quindi coloro che avevano più difficoltà ad utilizzare il cellullare, e iniziavano a fare telefonate proprio perché l'unica cosa che contava per i pazienti in fin di vita era ascoltare la voce di chi amavano. Erano proprio loro, gli assistenti sociali, tante volte a dare la notizia più atroce.
Ovviamente, non si occupavano solo di telefonate ma pensavano anche a bisogni più semplici come il cambio dei vestiti poiché in ospedale solo i più fortunati arrivavano con la borsa, gli altri, invece, erano imprigionati con gli stessi indumenti per settimane senza che nessun parente potesse andare ad aiutarli.
Siccome la pandemia non si è limitata a colpire solo la sfera sanitaria possiamo vedere che ogni paziente ricoverato, oltre ad essere ammalato, si è trovato improvvisamente solo, senza poter contare sui familiari. In quel vuoto sono intervenuti proprio gli assistenti sociali in quanto il Covid ha reso i pazienti più fragili del dovuto e si sono occupati di curare i legami delle persone per evitare la solitudine.
Gli assistenti sociali, che di situazioni difficili ed emozionanti all'interno dell'ospedale ne hanno vissute tante, ritenevano che il covid fosse ancora più complicato da gestire. L'ospedale, che di solito era pieno di gente per visite, accertamenti, o per assistere il proprio parente ricoverato, durante la pandemia era completamente vuoto e silenzioso, le persone nei corridoi era pochissime, irriconoscibili, con mascherine, cuffiette e guanti. Si respirava nei reparti solo la paura della malattia e della morte.
Il lavoro degli assistenti sociali non terminava nell'accompagnare i pazienti durante la degenza, ma nella maggior parte dei casi le difficoltà e i problemi iniziavano quando c'era da gestire il rientro a casa. Per questo si dedicavano a tranquillizzare i pazienti e i familiari facendo capire loro che, nel momento in cui non vi erano le condizioni per tornare a casa in sicurezza cercavano e attivavano loro stessi soluzioni o alternative. Inoltre, si occupavano a far arrivare al domicilio un pasto pronto, la spesa e i farmaci per poter sopravvivere.
Nei
peggiori dei casi gli assistenti sociali si trovavano ad ascoltare i pianti di
coloro che non avevano potuto nemmeno salutare i propri parenti.